Conserve letterarie, Libri

IL COLIBRÌ DI SANDRO VERONESI, PREMIO STREGA 2020

La recensione in formato video del libro “Il Colibrì” di Sandro Veronesi la trovate sul canale YouTube di Frenchibuc.

Quante volte avete pianto leggendo un libro, intendo con lacrime e singhiozzi? A me è successo, per la prima volta nella mia vita, qualche settimana fa, quando seduto sul dondolo nel cortile della mia casa di campagna, ho terminato Il Colibrì.

Il romanzo racconta la vita di Marco Carrera, chiamato “il Colibrì”. Il soprannome, che ha accompagnato fin da bambino la vita del protagonista, deriva da un disturbo ormonale che gli impediva una crescita normale, facendolo apparire più piccolo dei coetanei. La malattia però non impediva a Marco di essere sempre in movimento, iperattivo, e da qui il curioso soprannome.

Il Colibrì è un uccellino molto piccolo, uno dei pochi che riesce a stare fermo in aria come un elicottero. Però volare gli costa fatica data l’enorme energia che serve a sbattere freneticamente le sue piccole ali. Nel romanzo, il soprannome del protagonista, non rappresenta solo un suo stato fisico, ma anche la sua battaglia, combattuta ogni giorno, contro ogni difficoltà, per rimanere sospeso in aria.

La vicenda inizia negli anni 90, quando “il Colibrì” riceve la visita dello psicoanalista della moglie che gli rivela non solo che la sua paziente ha scoperto la relazione di Marco con una certa Luisa, ma che è incinta e non di lui.

Questa tragedia si abbatte su Marco. Ma non è la prima. E neanche l’ultima.

La vita del Colibrì infatti è e sarà sconvolta da altre terribili rivelazioni, lutti, delusioni e abbandoni.

E proprio come l’uccellino che passa da un fiore all’altro per nutrirsi, il lettore viene fatto saltare, senza un ordine cronologico, da un capitolo all’altro che descrive un determinato periodo della vita del protagonista.

Oltre a Marco, l’autore ci presenta una carrellata di personaggi, ben caratterizzati e soprattutto pieni di umanissimi difetti. E sono proprio questi che fanno affezionare il lettore alle vicende raccontate.

I temi trattati da Veronesi sono molti: l’amore (anche platonico), l’amicizia, la morte e il conseguente lutto, la famiglia, l’invidia. Un ruolo centrale nelle vicende lo avrà la psicoanalisi.

Si tratta di un drammone? Ogni singolo momento della vita di Marco è sofferenza? No, per fortuna no. Veronesi vuole trasmettere ai suoi lettori il messaggio che nonostante tutto, c’è sempre una speranza: grazie ad una bambina Marco troverà una ragione di vita, uno scopo e soprattutto la forza di vivere.

Con una sorta di epifania comprenderà che tutto quello che gli è capitato non ha fatto altro che renderlo più forte.

Cosa dobbiamo fare noi, dopo aver letto questo romanzo? Combattere sempre e comunque, per rimanere sospesi in aria.

Grazie Sandro, per questo splendido libro. Il premio Strega te lo sei meritato.

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“BELLA MIA” DI DONATELLA DI PIETRANTONIO

Bella mia è il terzo romanzo di Donatella Di Pietrantonio, già vincitrice del Premio Campiello 2017 con il libro L’Arminuta.


Il libro racconta di Caterina, sopravvissuta al terremoto de L’Aquila del 6 aprile 2009 e dilaniata dal dolore per aver perso in occasione del tragico evento la sorella gemella, Olivia.
Dopo il terremoto Caterina, la mamma e Marco, il nipote adolescente (figlio di Olivia), rimasto orfano, si trasferiscono a vivere nelle C.A.S.E. (gli alloggi provvisori messi a disposizione dei cittadini rimasti privi di abitazioni) e qui lavorano per elaborare insieme il lutto e costruirsi una nuova vita.


Il libro merita davvero: è scritto bene e contiene descrizioni eleganti e dettagliate su stati d’animo e sentimenti. L’autrice con questo romanzo ci apre il mondo delle sofferenze che gli aquilani hanno patito (e ancora patiscono) per aver perso nel giro di poche ore lavoro, casa e in alcuni casi anche i cari affetti.

Non è, quindi, solo il centro storico a dover essere ricostruito, ma anche le relazioni umane.

Mi ha colpito anche la profondità con cui l’autrice è riuscita a raccontare le problematiche legate all’adolescenza: la protagonista è una zia buona, chiamata dall’oggi al domani a svolgere il ruolo di madre, spesso intenta ad interpretare i lunghi silenzi del nipote, introverso e poco incline al dialogo.


Il libro, candidato al Premio Strega 2014, ha vinto il Premio Brancati e il Premio Vittoriano Esposito Città di Celano.
CONSIGLIATISSIMO!

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LE ULTIME LEZIONI DI GIOVANNI MONTANARO

La recensione che segue è la versione scritta della recensione già pubblicata in formato video sul canale YouTube di Frenchibuc che trovate qui!

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Vi auguriamo una buona lettura con il nostro nuovo blogger (youtuber) e vi invitiamo a lasciare i vostri commenti nell’apposita sezione! 😉

Jacopo è un ragazzo come tanti altri che è in procinto di laurearsi in Economia nella sua città, Venezia.

Come molti suoi coetanei, però, vive un periodo di malessere. Chi almeno una volta nella vita non si è posto questa domanda: “e adesso che finirò gli studi che farò? Lavorerò? Metterò su famiglia? Cambierò città?”.

Chi, trovandosi improvvisamente davanti la vastità della vita, non ne è rimasto turbato, spaventato?

Jacopo ha bisogno di parlare con qualcuno, di sfogarsi, ma a chi chiedere? I genitori non gli sono mai sembrati così lontani, la ragazza (scintilla che fa scattare la crisi) lo ha appena lasciato, gli amici non sono adatti per parlare di queste cose……….

Durante questo periodo nero, però, il nostro protagonista ritrova una figura che non vede da tempo: il Professor Costantini, un insegnante del liceo che il ragazzo stimava molto per la sua abilità di spiegare letteratura alla classe.

Dopo un primo incontro fortuito l’anziano Professore invita il suo ex allievo nella sua casa a Sant’Erasmo, un’isola nella laguna di Venezia.

Dopo una riluttanza iniziale Jacopo decide di accogliere l’invito di Costantini e di andare da lui per finire la sua tesi.

E così inizia per il ragazzo un periodo di studio intenso, immerso nella campagna veneta. Qui, in questo ambiente quasi bucolico, dove i profumi dei fiori e del mare si mescolano con quelli dei libri del vecchio Professore, Jacopo comincia a confidarsi con l’insegnante. Gli racconta tutto: la sua vita, le sue speranze, il suo malessere interiore. E l’uomo ascolta, prima passivamente, poi dispensando consigli e infine iniziando a raccontare a sua volta la sua vita a quel ragazzo che inizia, forse, a vedere come un figlio.

Jacopo conosce anche Lucia, la figlia del Professore, costretta, fin dalla nascita, sulla sedia a rotelle. Pur non riuscendo a parlare la ragazza riesce sempre a comunicare i sentimenti che prova.

La trama è tutta qui, nessun colpo di scena, nessun lieto (o almeno non per tutti) fine.

Eppure questo piccolo spaccato di vita, riesce, con i suoi brevi capitoli, a tenere incollato il lettore alle sue pagine.

Personalmente mi sono molto immedesimato nel protagonista, nonché narratore. Del resto la sua esperienza, i suoi pensieri, i suoi sentimenti sarebbero potuti essere i miei, magari qualche anno fa.

Mentre leggevo, in quella casa in riva al mare, non c’era Jacopo, c’ero io. Un me stesso alternativo, diverso, ma allo stesso tempo uguale.

Ancora adesso, rileggendo quelle pagine, sento il profumo dell’albero di mimose tanto caro al Professor Costantini.

Auguro a tutti coloro che leggeranno questo libro di provare tale coinvolgimento e tale trasporto. Del resto i libri servono a quello. Volare con la fantasia e vivere nuove vite.

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SHOTGUN LOVESONGS DI NICKOLAS BUTLER

Shotgun Lovesongs è il romanzo di esordio di Nickolas Butler, pubblicato nel 2014 e vincitore di due importanti premi ovvero del Prix Pace America e del Midwest Independent Booksellers Award.

Si tratta della storia di quattro amici, Henry, Lee, Kip e Ronny, cresciuti insieme a Little Wing, una piccola realtà rurale del Wisconsin!

I quattro giovani ragazzi vivono numerose avventure insieme fino a quando i diversi talenti che li contraddistinguono finiscono per spingerli a intraprendere percorsi diversi.

Lee diventerà, dopo un periodo trascorso in una fattoria per trovare la giusta ispirazione e il sound che lo caratterizza, un importante musicista di livello internazionale; Kip, un broker sfrontato e bastardo; Ronny, un campione di Rodeo ed Henry, un fattore indefesso, un marito premuroso e un padre amorevole.

Se i primi tre per affermarsi sentono, ben presto, la necessità di emigrare da Little Wing (realtà troppo stretta per dei giovani ambiziosi), Henry, invece, rappresenta l’anima stabile del gruppo, l’amico che, attaccato alla sua terra (ai suoi campi e ai suoi animali) in maniera viscerale, si dimostrerà essere l’unico davvero fedele al luogo di origine.

I quattro amici vivono poi storie d’amore intense tali da influenzare in modo decisivo il corso delle loro vite. Di certo il personaggio femminile più importante è rappresentato da Beth, la moglie di Henry, nonché amica del simpatico quartetto fin dai tempi della scuola.

Beth è una donna intelligente e sensibile (forse le pagine dedicate a lei sono quelle che più mi sono piaciute), una madre attenta e una compagna di vita fedele per Henry. La stabilità affettiva della coppia viene, tuttavia, messa a dura prova quando Lee, in preda ad una profonda depressione per la separazione dalla moglie Chloe – attrice di successo ormai attratta da un altro cantante famoso – decide di rivelare al suo miglior amico, Henry, di essere andato a letto, ben dieci anni prima, con Beth, l’amica di sempre.

Beth dovrà dimostrare al marito, deluso e amareggiato, di tenere a lui e ai bambini più di quanto gli sia possibile immaginare per recuperare il matrimonio in crisi.

Tuttavia Shotgun Lovesongs non è solo il racconto di un tradimento e di un’amicizia che sembra essere perduta (sarà poi grazie ad un barattolo di uova conservate in salamoia che Henry ritroverà la via del perdono), ma il complesso delle storie dei quattro amici ben amalgamate tra loro.

E’ interessante notare che nei capitoli – intitolati con le iniziali dei 5 personaggi principali H, L, K, R e B – sono riportati, in prima persona, i pensieri e le riflessioni di ognuno dei protagonisti.

Il racconto è, quindi, di tipo corale e il narratore non è uno solo, bensì 5!

L’autore si dimostra abile nel collegare tra loro, in un tutto armonico, i 5 racconti relativi sì a personaggi tra loro lontani, per carattere e attitudini, ma pur sempre profondamente legati, nonostante le liti e i dissidi, agli affetti giovanili.

La narrazione, o meglio le narrazioni, sono poi caratterizzate da continui flashback. I collegamenti con il passato, dettati dai ricordi dei protagonisti, non hanno, tuttavia, impedito allo scrittore di rendere la lettura scorrevole ed efficace!

Mi sento di consigliare fortemente la lettura di questo romanzo per due motivi fondamentali. In primo luogo per le descrizioni dei luoghi in cui la storia è ambientata. Ciò che emerge dal libro è, infatti, una visione degli States genuina e a suo modo bucolica (l’autore si sofferma sull’alternanza delle stagioni, sul lavoro nei campi, sulla gestione degli animali). La descrizione delle zone rurali del Wisconsin stride, infatti, con quella delle grandi città come New York o Chicago (dove pure i personaggi si recano) e ci fa conoscere un’America autoctona, e forse ancora più affascinante di quella ai più nota!

In secondo luogo, per il modo autentico e profondo con cui vengono raccontate da Butler le tipiche oscillazioni (fatte di allontanamenti e piacevoli riavvicinamenti) che connotano tutte le amicizie, anche – se non soprattutto – le più forti.

Infine, vi suggerisco di leggere qui la simpatica selezione delle colonne sonore che meglio dovrebbero caratterizzare le 5 diverse personalità dei protagonisti: un buon modo per entrare maggiormente nel mondo di Shotgun Lovesongs e dei suoi personaggi!

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MOMENTI TRASCURABILI DI FRANCESCO PICCOLO

Momenti trascurabili è il terzo ed ultimo libro della trilogia di Francesco Piccolo, nonché uno degli ultimissimi libri ricevuti in regalo per il mio compleanno!

Anche in questo caso, dopo averlo divorato, ho deciso di farne una conserva di cultura per Fame di Libri Sete di Arte! 😉

L’autore non mi era sconosciuto sia perché anni fa avevo avuto modo di incontrarlo e di farmi apporre una sua dedica sull’unico altro libro da lui scritto che avevo avuto il piacere di leggere (L’Italia spensierata pubblicato nel 2014 sempre edito da Einaudi), sia perché Francesco Piccolo è sceneggiatore affermato avendo curato la stesura dei testi di importanti film e fiction quali ad esempio, solo per citarne alcuni, Il traditore,di Marco Bellocchio (premiato con il David di Donatello proprio per la sceneggiatura) e L’amica geniale nella sua trasposizione per il piccolo schermo.

In Momenti trascurabili Francesco Piccolo offre degli spunti di riflessione sulle tante piccole cose che ci accadono nella vita quotidiana, a lavoro come in famiglia, su cui non riusciamo troppo spesso a soffermarci per la vita frenetica che conduciamo.

L’autore ci regala, quindi, sia dei brevissimi pensieri, annotazioni fugaci sugli attimi che scorrono veloci nella sua (come in quella di tutti noi) esistenza riportati nel libro con un che di poetico, sia dei racconti più estesi, costruiti su dettagli apparentemente trascurabili ma che in realtà hanno fatto la differenza nella vita dei personaggi di cui l’autore ci racconta.

Piccolo ci parla così di come l’inclinazione di un uomo (che abita all’interno delle Mura Aureliane nel centro di Roma) a guardare solo le donne del proprio quartiere possa arrivare ad influenzare le sue relazioni sentimentali addirittura facendogli affermare che sarebbe costretto a rifiutare le avances di una seducente Laetitia Casta che abitasse alla Magliana; oppure di come un responso ricevuto in vacanza da parte di una cartomante riesca a mettere in crisi una donna e la sua vita coniugale.

Ed è proprio questa la parte del libro che più mi ha affascinato! Sì perché mi ha ricordato i personaggi della tragedia greca di Edipo rielaborata da Friedrich Dürrenmatt nel suo libello La morte della Pizia!

Come Edipo, Giocasta e Laio accolgono gli oracoli della Pizia, sacerdotessa del Dio Apollo, assecondandoli, anzi facendo di tutto perché questi si concretizzino (convinti che il decreto degli dei debba essere compiuto fino in fondo), anche la protagonista del racconto di Francesco Piccolo cerca in ogni modo di far sì che il responso della cartomante si avveri.

La Pizia viene descritta da Dürrenmatt come un’imbrogliona, una donna vecchia e annoiata che, sotto i fumi della caverna dalla quale sentenzia e decreta il futuro degli uomini, spara a casaccio oracoli che finiscono per compiersi solo perché gli ingenui greci, credendo nel volere degli dei, si convincono della verità delle profezie ricevute.

Anche in Momenti trascurabili la cartomante, che profetizza alla donna in vacanza con la famiglia l’arrivo (entro l’anno) di un nuovo amore nella sua vita, risulta una cialtrona. Ma vi è una differenza tra le due narrazioni: mentre il vaticinio della Pizia si realizza (Edipo, infatti, dopo aver ricevuto l’oracolo, riesce a realizzare l’inverosimile profezia uccidendo il padre e giacendo con la madre), la fantasia della cartomante invece non si avvera, lasciando nella donna una profonda delusione.

In questo terzo volume della trilogia (i primi due volumi sono intitolati rispettivamente Momenti di trascurabile felicità e Momenti di trascurabile infelicità) Francesco Piccolo ha, quindi, inteso sia dare spazio ad alcune sue riflessioni personali, collezionate in appunti di vita, sia focalizzare l’attenzione del lettore su come alle volte l’animo umano riesca a costruire intorno a dei dettagli, appunto a dei momenti trascurabili, le proprie follie, piccole o grandi che siano.

E il risultato è molto interessante! Lettura consigliata! 😉

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INCONTRI CON UOMINI STRAORDINARI DEL FILOSOFO ARMENO GEORGES I GURDJEFF

Incontri con uomini straordinari è la stimolante autobiografia scritta dal filosofo armeno Georges I. Gurdjieff (1872-1949), fondatore in Francia dell’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo.

Nel delineare le nove straordinarie figure che quest’uomo ebbe la fortuna d’incontrare in età giovanile e che gli furono indispensabili per costruire le basi del suo pensiero, il libro ripercorre gli innumerevoli viaggi, intrapresi da Gurdjeff in Asia ed Africa, accompagnato dagli amici che lungo la strada incontrava e che, attirati dalla sua ricerca incessante sull’anima, sulla verità e sulla vera conoscenza, decidevano di seguirlo in questo suo percorso spirituale.

Nato ad Aleksandropol, in Armenia, da padre greco e da madre armena, Gurdjieff aveva mostrato fin dai primi anni della sua vita una spiccata capacità di apprendimento e questo aveva spinto i genitori a sottrarlo dal collegio della città di kars, per affidare la sua istruzione ad insegnanti privati che potessero avviarloalla carriera sacerdotale.

Nel frattempo il giovane, vista la miserevole condizione economica in cui versava la sua famiglia, aiutava il padre, nella sua attività di carpentiere, dimostrando anche in campo lavorativo un grande ingegno. Gurdjieff intratteneva spesso con i propri insegnanti ampie discussioni sulle grandi questioni riguardanti l’uomo e la sua anima ed in particolare era affascinato dai fenomeni soprannaturali a cui aveva egli stesso assistito (sedute spiritiche e miracoli), ma che non riusciva a spiegarsi.

Alla ricerca di adeguate risposte che il suo primo maestro, Padre Bors, non era stato in grado di fornirgli egli inizia a leggere una gran moltitudine di libri e a viaggiare alla ricerca di plausibili spiegazioni. Ha inizio il periodo più fecondo per la sua formazione. L’incontro con eccezionali personalità quali Principi, medici, Dervisci (discepoli di alcune confraternite islamiche), fachiri e veggenti spinge il giovane sempre verso nuovi orizzonti ed alimenta la sua fame di conoscenza, quella vera e non quella che agli uomini comuni è data come certa, ma che in realtà cela significati ben più complessi e profondi.

Nel mondo europeo, come in quello asiatico, per il filosofo, regna una grande ignoranza alimentata da false informazioni che giornalisti e scrittori hanno purtroppo il potere di veicolare presso le comunità inducendo l’intelletto umano a farsi una distorta rappresentazione della realtà.

Con grande tenacia e spirito aggregante (erano arrivati a 200 i suoi seguaci) egli vaga per le ostili terre asiatiche sostenendo, solo, con le sue risorse economiche questo gruppo di persone che per lui avevano lasciato le loro vite e che si sentiva in dovere di accudire.

Nonostante diversi critici abbiano sostenuto che egli avesse psicologicamente abusato con l’ipnosi e le danze sacre di adepti fragili e deboli di mente, Gurdjieff riuscì ad aprire nell’ultimo periodo della sua vita presso Fontainebleau, in Francia, l’Istituto in cui i suoi insegnamenti venivano impartiti.

Tuttavia, a causa della sua cagionevole salute e delle mancanti risorse economiche, dovette chiudere la scuola per finire gli ultimi anni della sua vita in solitudine e meditazione a Neuilly-sur-Seynedove dove morì nel 1949.

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IL GABBIANO JONATHAN LIVINGSTON DI RICHARD BACH A 50 ANNI DALLA SUA PRIMA PUBBLICAZIONE

Il gabbiano Jonathan Livingston, il celebre romanzo dell’aviatore e scrittore statunitense Richard Bach, compie cinquanta anni dalla sua prima pubblicazione curata, appunto nel 1970, della casa editrice britannica Macmillan!

Ci siamo chiesti se, ancora oggi, il messaggio di libertà che il libro trasmette riesca a essere efficace nonostante il tempo trascorso…

Prima di dare risposta al nostro quesito, ripercorriamo in breve il contenuto di questo best seller.

Il gabbiano Jonathan Livingston è un componente fuori dal comune all’interno dello Stormo Buonappetito. Tutti i gabbiani, eccetto lui, volano per una sola ragione: la fame. Questo bisogno fisico tanto importante, quanto banale, pare essere l’unico motivo della loro esistenza.

Jonathan, invece, ha altre ambizioni. Il suo desiderio è quello di volare per migliorarsi, per sperimentare e misurarsi con i propri limiti. Dopo alcune prove di volo acrobatico (andature in picchiata, virate imperiali, scampanate, volte rovesciate e viti orizzontali) non accettate dal Consiglio degli Anziani, il gabbiano Jonathan Livingston, seppur profondamente addolorato, è costretto ad allontanarsi dallo Stormo e a vivere in solitudine.

Ormai solo e libero dalle privazioni imposte dalla comunità di provenienza, il gabbiano Jonathan si dedica ad allenamenti intensi per migliorare le tecniche di volo già apprese e per impararne di nuove. I progressi raggiunti sono così importanti che l’audace volatile, incontrati due splendidi gabbiani dal piumaggio candido, si ritrova catapultato in una dimensione nuova e più elevata.

E’ in questa diversa realtà che il gabbiano, dopo addestramenti stancanti – eseguiti in compagnia di altrettanti gabbiani appassionati di volo – acquista la capacità di volare alla velocità del pensiero annullando del tutto i limiti dello spazio e del tempo, del “qui ed ora”.

Raggiunta questa maggiore consapevolezza di se stesso e delle proprie forze fisiche e mentali, Jonathan, sentendo il desiderio di ricongiungersi con lo Stormo, torna da quegli stessi gabbiani che lo avevano allontanato, credendolo una minaccia, per insegnare loro le abilità apprese. Finito di formare il suo pupillo, il gabbiano Flethcer, e fatto di esso un insegnante a sua volta, Jonathan decide di intraprendere un lungo viaggio alla ricerca di nuovi stormi ai quali insegnare a volare.

Il libro, seppure abbia per protagonista un gabbiano, intende trasmettere un messaggio fondamentale al lettore. L’autore, infatti, con questa grande metafora del gabbiano intraprendente (il singolo essere umano, desideroso di conoscenza) da una parte e dello Stormo e del Consiglio degli Anziani (la società che detta le leggi della comune convivenza) dall’altra, intende comunicare l’immortale principio che dovrebbe governare l’esistenza di ogni singolo essere umano cioè di lottare per sentirsi padrone di se stesso, di uscire – quando se ne avverte la necessità – fuori dagli schemi, di pensare “out of the box, di intraprendere nuovi percorsi nonostante il disappunto della società nella quale si vive.

Solo così, secondo Bach, ogni uomo può dare sfogo al proprio io interiore e sentirsi libero.

Insieme al potente concetto della libertà (nella doppia accezione del sentirsi liberi DI e liberi DA), Bach affronta anche il tema dell’amore. Il gabbiano Jonathan, infatti, pur avendo la possibilità di rimanere nella dimensione superiore faticosamente raggiunta, decide, per amore dello stormo, di tornare dallo stesso per trasmettere agli stessi gabbiani – che precedentemente gli avevano negato la possibilità di essere se stesso – le sue conoscenze.

Il libro tratta, quindi, indirettamente anche i temi della solidarietà, della comprensione del diverso e del perdono, tutti concetti, anche questi, immortali.

Non esattamente acclamato dalla critica del tempo, questo romanzo brevissimo (forse più assimilabile ad una favola) non ci mise molto a divenire un cult. Sarà poi per i messaggi ever green che trasmette, sarà per il linguaggio semplicissimo (qualche difficoltà si ha solo quando si leggono le descrizioni delle acrobazie eseguite in volo ma ricordiamoci che l’autore è pur sempre un ex-pilota) con cui i temi vengono trattati, sarà perché ci stimola a tirar fuori il gabbiano Jonathan Livingston sopito in ognuno di noi, fatto sta che a distanza di anni ci suggerisce ancora numerosi spunti di riflessione!

E voi cosa ne pensate? Non abbiamo forse sperimentato (chi più chi meno), in questo periodo di quarantena, il desiderio di sentirci svincolati? Lasciateci nei commenti le vostre considerazioni!

Fotografia scattata da Andrea di Giacomo

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LA DICHIARAZIONE DEI DIRITTI DELLA DONNA E DELLA CITTADINA DI OLYMPE DE GOUGES

Riordinando i libri in casa, mi sono imbattuta in questo minuscolo fascicoletto tascabile che, a dispetto del suo scarso peso (in tutto non più di 43 pagine), risulta dal punto di vista contenutistico molto potente!

Me ne rendo conto subito leggendo cosa vi è scritto sulla copertina: Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina di Olympe de Gouges.

Attirata da un titolo così importante lo apro, lo divoro e decido di farne la conserva di cultura del lunedì per la nostra dispensa virtuale!

Siamo nel settembre del 1791, solo due anni dopo lo scoppio della Rivoluzione francese, quando Olympe de Gouges, affermata drammaturga e attivista francese (originaria della Linguadoca, regione nel meridione della Francia) redige, sulla falsa riga della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789, una Dichiarazione ancora più forte dal punto di vista giuridico perché tesa ad affermare i diritti di tutti gli esseri umani (non solo di quelli di sesso maschile), portando alle estreme e dovute conseguenze il lascito della Rivoluzione francese!

Questa dichiarazione non parla, infatti, solo di donne e alle donne, ma ambisce piuttosto ad essere un barlume per i tutti i cittadini francesi del tempo (senza distinzione di genere) per traghettare la società appena uscita dalla Rivoluzione verso la contemporaneità.

Se pensiamo che della Olympe de Gouges fu detto, alla luce di uno studio medico-psichico svolto su di essa, che era affetta da «paranoia da idee riformatrici o isteria rivoluzionaria», possiamo intuire quanto bisogno ci fosse di affiancare alla lotta all’Ancient Regime anche una parallela lotta, da combattere in favore delle donne, per l’affermazione dei loro diritti.

La Dichiarazione si compone di XVII articoli tesi a riconoscere alla donna situazioni giuridiche soggettive di fondamentale importanza quali il diritto al voto, il diritto all’accesso alle istituzioni pubbliche, il diritto alle libertà professionali e il diritto di proprietà.

Purtroppo, Olympe de Gouges non fece in tempo a vedere i risultati della sua battaglia per il raggiungimento dell’eguaglianza tra uomini e donne perché venne ghigliottinata, in data 3 Novembre 1793 all’età di 45 anni, per essersi schierata nei suoi scritti contro l’esecuzione di Luigi XIV.

La Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina però, dopo essere stata a lungo ignorata, venne pubblicata in Francia nel 1986 in versione integrale. Fu poi, durante le celebrazioni in occasione del bicentenario della Rivoluzione francese del 1989, che venne reso con commemorazioni e omaggi, il giusto riconoscimento a questo importante personaggio femminile della fine del ‘700.

Mi chiedo se a distanza di più di due secoli dalla scomparsa di Olympe de Gouges ci sia ancora bisogno di lottare per l’affermazione della donna nelle società dei Paesi europei… Alcuni Paesi dimostrano più di altri di avere a cuore la questione (pensiamo alla Finlandia, primo stato europeo a riconoscere nel 1906 il diritto di voto alle donne e ove la giovane 34enne Sanna Marin è il Primo Ministro dal dicembre 2019) e altri meno (tra cui l’Italia ove le donne devono ancora combattere per eliminare il divario retributivo che le distanzia in molti settori dai colleghi maschi).

Per continuare a riflettere, vi lasciamo con il testo integrale dell’Introduzione alla Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina per le significative e provocatorie parole rivolte al genere maschile:

Uomo sei capace di essere giusto? E’ una donna che ti pone la domanda; tu non le toglierai almeno questo diritto. Dimmi? Chi ti ha dato il sovrano diritto di opprimere il mio sesso? La tua forza? I tuoi talenti? Osserva il creatore nella sua saggezza, guarda la natura in tutta la sua grandezza, alla quale sembri volerti avvicinare, e dammi, se ne hai il coraggio, l’esempio di questo impero tirannico.

Guarda gli animali, consulta gli elementi, studia i vegetali, dai infine un’occhiata e arrenditi all’evidenza quando te ne offro i mezzi; cerca, fruga e distingui, se lo puoi, i sessi nell’economia della natura. Dovunque li troverai confusi, dovunque essi coopereranno armoniosamente a questo capolavoro immortale.

L’uomo soltanto si è affastellato un principio su questa eccezione. Bizzarro, cieco, gonfio di scienze, nell’ignoranza più crassa, vuole comandare da despota su un sesso che è dotato di tutte le facoltà intellettuali; pretende di godere della rivoluzione e reclamare i suoi diritti all’eguaglianza, per non dire di più“.

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“Tentare di emigrare nel XXI secolo” di Tiziana Lilò

Scritto da Tiziana Lilò, e presto disponibile anche in formato cartaceo, questo e-book narra delle avventure (rectius: disavventure) dell’autrice e del suo ragazzo Dami intenti, nel 2008, a stabilirsi in Gran Bretagna alla ricerca di un lavoro più appagante e in generale di condizioni di vita migliori rispetto a quelle offerte dall’Italia.

I due giovani hanno ragionato molto sulla possibilità di sperimentare una vita più entusiasmante di quella da loro condotta fin a quel momento nel piccolo paesino di Verbania di cui sono originari e hanno le idee chiare: trasferirsi dapprima in Inghilterra, e poi negli USA… where dreams come true…!

Tuttavia, non appena giunti in territorio inglese (Newcastle Upon Tyne per la precisione), sono tante le difficoltà che incontrano: dalla ricerca di un appartamento in cui vivere e di un lavoro CON cui vivere fino all’attivazione del National Insurance Number (numero di previdenza sociale fondamentale in Inghilterra), passando per il maggiore dei problemi, ovvero la lingua!

E anche se non vengono narrati eventi tragici come avviene in Furore di John Steinbeck – dove pure le aspettative riposte dai protagonisti nell’Ovest degli States vengono disattese perché nella Terra Promessa trovano solo miseria e condizioni di lavoro pessime – lo stesso Tiziana Lilò fa immergere il lettore nelle vicende personali dei due ragazzi lasciando intendere quanto, ancora oggi, possa risultare difficile (anche quando si sceglie con coscienza di emigrare) stabilirsi in uno Stato straniero.

Il racconto dei 220 giorni che la coppia trascorre lontano da casa è, quindi, estremamente autentico e umano (a tratti tragicomico) presentando i due giovani italiani con le loro paure e aspettative sì, ma anche con la voglia di elevarsi affrontando l’ignoto!

Vi lasciamo con una piccola curiosità… Nell’incipit di ognuno dei 21 capitoli che compongono il libro sono riportati alcuni frammenti di canzoni di Ligabue. La scrittrice, sfegatata fan del cantautore, ha ottenuto il nullaosta dalla Warner Chappell Music Italiana per poter amalgamare i brevi testi con la sua narrazione… Forte, no?

Di seguito i contatti social della scrittrice:

IG: @liloandtiz

IG: @tentarediemigrarenelxxisecolo

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“Il carnevale a Venezia” di Livin Derevel

Questo libro ci ha conquistato! Penserete forse per la trama seducente? Forse per il finale inaspettato o per la magia del Carnevale che trasuda da ogni sua pagina?

Certamente questo pamphlet colpisce anche per questi suoi caratteri, ma ciò che lo rende unico è il linguaggio con cui è stato scritto dall’autrice, Livin Derevel.

Ebbene sì, questa giovane scrittrice inonda il lettore di parole astruse, spesso desuete ricordandoci quanto ristretto sia il lessico che abitualmente usiamo per esprimerci…!

Parole come “cachinno eufonico“, “mistagogo“, “gazzarra“, “generoso refolo di Bora“, “ritratti evemeristici” sono solo alcune di quelle che più ci sono rimaste impresse…

Tuttavia di questo libello (146 pagine) sorprende non solo il linguaggio inusitato, ma anche la costruzione barocca e il doppio livello su cui è architettato: non si sa bene se i fatti accadano nella realtà o in qualche sogno del protagonista… E il dubbio permane fino alla fine!

La presenza delle Maschere del Carnevale (Arlecchino, Balanzone, Colombina, Brighella Pantalone solo per citare i personaggi più noti della Commedia dell’Arte ripresi dalla Derevel), spiriti eterni, resi terreni e collocati tra i comuni mortali (dove forse sono sempre stati, considerato che rappresentano i vizi atavici dell’umanità?!) e il loro modo di evadere le indagini del Commissario Lorenzo al fine di confonderlo nella ricerca dell’assassino, non fanno altro che dare risalto al folle periodo carnascialesco che ogni anno puntuale imperversa nella città di Venezia.

Ecco quindi che il Carnevale da semplice ambientazione diventa il vero protagonista del racconto!

In effetti Il Carnevale a Venezia, grazie alla sbeffeggiante e sgarzilla figura del suo Re, Arlecchino, rappresenta il grande trionfo di questa festa tradizionale sullo scetticismo nutrito nei suoi confronti dal Commissario Lorenzo.

Inizialmente Titubante e scettico sul folklore, sulla stravaganza e sulla leggiadria che provoca ogni anno questo appuntamento popolare, Lorenzo finirà col fare grandi scoperte: sia in termini personali (specifichiamo che l’autrice ha anche scritto il romanzo a tema LGBT “Arabesque” e in generale è pervasa dalla cultura LGBT), sia con riferimento alle fallaci indagini fino a quel momento svolte.

Che dire signori? Vi lasciamo alla lettura di questo tascabile con la frase latina riportata nelle sue primissime pagine: “Semel in anno licet insanire” che tradotta significa “Almeno una volta all’anno è lecito impazzire“!

Buona lettura!

TITOLO: Il Carnevale a Venezia

AUTORE: Livin Derevel

CASA EDITRICE: Milena edizioni

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2017

PREZZO (di copertina): €. 8,90