AUTORE
Federica Colletti
SITO INTERNET
https://rebbi022.wixsite.com/fefe (portfolio)
PROFILO IG
https://www.instagram.com/nonsuperareledosiconsigliate/?hl=en
OPERE CON CUI L’ARTISTA HA PARTECIPATO ALL’EVENTO
1. La stanza degli schizzi

DESCRIZIONE
L’opera nasce da un intreccio di elementi derivanti da molteplici teorie cosmogoniche, afferenti a diverse discipline, talvolta complementari, talora in antitesi. I diversi frammenti ispirati dall’una o dall’altra sono stati fusi in un unicum mediante libere associazioni tradotte in immagini surreali o direttamente immaginate in forma visiva e rappresentate. L’immagine può d’altro canto essere guardata ed interpretata a diversi livelli, scorporando con gli occhi tutte le forme riconducibili a teorie della fisica, narrazioni religiose, visioni filosofiche od esoteriche. La stanza può rappresentare un diario degli schizzi che racchiude, in una prima bozza preparatoria, tutti gli elementi che Dio ha plasmato durante la Creazione: “Il primo giorno separò la luce dalle tenebre, creando il giorno e la notte. Il secondo fu creato il cielo per separare le acque inferiori dalle acque superiori, il terzo, dalle acque inferiori fu fatto emergere il terreno e da questo fu fatta germogliare ogni pianta sì creata. Il quarto giorno Dio creò il Sole, la Luna e le stelle e pose il tutto nel firmamento, affinché illuminassero la terra e regolassero il tempo. Il quinto giorno vengono creati gli esseri marini e gli uccelli […], il sesto furono creati gli animali terrestri, fu poi creata l’Umanità”. Alcuni dettagli visibili nel lavoro rispecchiano dei punti cardine di quelle che per gli Ermetici sono le 7 Leggi Universali, responsabili dell’equilibrio del cosmo che ci circonda, nonché di quella del rapporto tra l’uomo e quest’ultimo. La Legge dello Spirito evidenzia il potere della nostra mente nel contribuire a creare la realtà che percepiamo, determinando l’esperienza che ne facciamo. Un punto di vista affine a quello del costruttivismo in psicologia, che vede la conoscenza come costruita dalla propria esperienza attraverso i propri costrutti interni. La Legge dell’Attrazione, partendo da un analogo presupposto, aggiunge che siamo noi esseri umani a plasmare la nostra realtà e ad attrarre ciò che ci è simile, nelle vesti di esperienze o persone. Entrambe abbracciano il pensiero che ognuno sia artefice del proprio destino: “Homo faber ipsius fortunae”, come scritto nel cerchio dorato sopra uno degli orologi. Proprio questi ultimi, insieme alla clessidra, sono un rimando alla Legge del Ritmo, secondo cui qualsiasi cosa si desideri realizzare, necessita del suo tempo per svilupparsi e venire alla luce. La dualità intrinseca in ogni cosa, richiamata nella Legge della Polarità, nonché nello Yin e Yang, trova raffigurazione nel paradosso nell’illuminazione del luogo: metà luce e metà buio. “Gli opposti sono identici, differendo solo di grado, cosicché possono venire conciliati e gli estremi finiscono col toccarsi”. La Legge del Genere, infine, sancisce che dentro ognuno sia presente il principio femminile e maschile. Quella che da lontano appare una screpolatura sul muro, dopo la porta dietro la quale filtra la luce, nasconde due sagome di un uomo ed una donna che simboleggiano questo principio. La clessidra che, con lo scorrere lento dei suoi granelli crea una spiaggia, oltre ad essere metafora di come raggiungere un risultato tangibile necessiti attesa e perseveranza, se guardata insieme alla spiaggia, è la rappresentazione del concetto fisico di spaziotempo. Quest’ultimo, anche detto cronotopo, sta ad indicare la struttura quadrimensionale dell’universo. Esso è infatti composto di quattro dimensioni: tre spaziali (lunghezza, larghezza e profondità) ed il tempo. Il concetto di spaziotempo fonde in un’unica entità quella spaziale e temporale, figlio della teoria della relatività ristretta: ciò che diversi osservatori percepiscono, dipende dalla posizione dell’oggetto ma anche dal momento in cui l’osservazione avviene. La barca ormeggiata sulla spiaggia è un rimando alla funzione di guida che svolgevano in antichità le stelle per la navigazione, assieme alla rosa dei venti. La contaminazione con elementi musicali in essa e in uno degli orologi, sono un riferimento agli esperimenti che il filosofo Pitagora fece in merito alla relazione tra musica, numeri e cosmo. Egli vedeva l’Universo come una sconfinata sinfonia.
2. Allegoria del perdersi e del ritrovarsi

DESCRIZIONE
L’opera è la raffigurazione del rapporto dell’universo interiore e il macrocosmo, dove la cattedrale è una metafora visiva del corpo umano. La maggior parte delle finestre non ha i vetri, assenza che simboleggia il continuo interscambio tra mondo interno ed esterno, la corrispondenza tra le regole dell’Universo e quelle che disciplinano l’uomo, così come ricordato dal Principio di corrispondenza. Le due scale a chiocciola rimandano alla successione aurea di Fibonacci, una sequenza in cui ciascun numero è la somma dei due precedenti, la cui presenza ricorre, oltre che in numerose opere d’arte, in natura e nel corpo umano. Questa sequenza, così come la forma spirale, si può trovare non solo nel numero e nella disposizione dei petali di alcuni fiori o nelle conchiglie, nonché in altri innumerevoli esempi in natura, ma anche nella forma delle Galassie e del DNA. La presenza delle due figure umane all’interno della cattedrale, prende ispirazione della frase di Jung “chi guarda fuori sogna, chi guarda dentro, si sveglia”. Sono rispettivamente l’allegoria del Perdersi e del Ritrovarsi.
BREVE BIOGRAFIA DELL’ARTISTA
Mi chiamo Federica Colletti, laureata in Psicologia e amante dell’arte in ogni sua forma. Da quattro anni realizzo collage digitali di stampo perlopiù surrealista, molti dei quali sono al limite del paradossale e rimandano al mondo onirico. Sono realizzati mediante libere associazioni, nascono quindi da una moltitudine di pensieri lasciati liberi di circolare riversandosi in una rappresentazione unica. Di alcuni di questi pensieri, probabilmente, non sono nemmeno consapevole, ma è di relativa importanza, mi piace che l’osservatore sia in grado di decidere cosa significano per lui. C’è un significato diverso per ogni paio di occhi che osserva. A volte mi diverto ad auto-interpretarmeli a lavoro concluso, altre volte vedo affacciarsi la consapevolezza dei “perché’’ nascosti durante il processo, magari mentre aggiungo un pezzo o scelgo un colore. A seconda di quanto la nuova consapevolezza sia in linea con ciò che intendo trasmettere, scelgo se assecondarla e proseguire il lavoro così come lo sto svolgendo o se cambiare strada, lasciando che si dispieghi in maniera diversa da come (non) l’avevo pensato. Spesso irrompono nuove idee e io le lascio semplicemente fluire, limitando il più possibile l’interferenza del pensiero cosciente, così che ciò che alla fine prende vita sia esattamente quello che avrebbe dovuto essere, senza averlo deciso. Sono senz’altro presenti dei temi ricorrenti: tempo, spazio, illusione, tenacia, speranza, memoria, libertà, ricerca, dissociazione, dipendenza, crescita, sogno, soggettività, amore, armonia, natura. Metà delle creazioni raffigurano spazi chiusi (le stanze sono spesso una metafora di “luoghi psichici”) e l’altra metà spazi aperti (il significato è variabile ma spesso l’ambientazione è simbolo di uno stato mentale o temporale). Ho iniziato per gioco, facendo una miscellanea di quadri celebri dando vita a uno scenario nuovo. Poi ho utilizzato gli stessi per veicolare concetti. Infine, ho voluto staccarmi dai lavori dei grandi maestri, per creare qualcosa che sentissi più mio. Ho trovato in questa nuova tecnica ciò che prima ricercavo nella scrittura: è sempre un modo di esprimere se stessi e di parti di sé nascoste, dimenticate o potenziali. Tuttavia, tramite le immagini si ha il privilegio di poterlo fare in forma più criptica e al contempo più libera: si possono davvero abbandonare le redini della logica e della ragione che spesso guidano la mano di chi scrive, o perlomeno per me è stato così. In altri casi può essere un modo per evadere, per dimenticarmi di tutto e lasciarmi assorbire da qualcosa che mi prende completamente, mi appaga e non mi pone barriere. Assolve a tante funzioni ma col tempo è diventata anche e soprattutto in funzione di se stessa. Si è creato il bisogno dell’arte in sé. Personalmente, amo la tecnica del collage in quanto si sviluppa da parti preesistenti, destruttura e poi si ristruttura in un ordine diverso. Metaforicamente, questo è un grande insegnamento: come nella vita, fai del tuo meglio con ciò che hai. Durante questi quattro anni, quella passione che ho visto evolversi senza pretese mi ha regalato tante soddisfazioni: quattro esposizioni dal vivo e due online, collaborazioni con magazine italiani ed esteri, collettivi artistici, musicisti, scrittori e tante persone incontrate durante il percorso. Non so ancora dove porterà questa strada, ma forse non ha importanza. La meta è il viaggio.
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