1) EDWARD HOPPER – I NOTTAMBULI

Edward Hopper, uno dei maggiori esponenti del Realismo Americano, ha decantato con le sue opere il senso della solitudine urbana.
Si tratta di un artista diventato famoso per aver raccontato un’altra città, dove gli sguardi persi nel vuoto o concentrati sul fondo di un bicchiere, si perdono nell’interiorità.
Il quadro simbolo della solitudine è I Nottambuli, realizzato nel 1942, dove lo stesso Hopper e consorte hanno partecipato come modelli. Il pittore ha voluto ricreare un contesto urbano, si pensa realmente esistito. L’obiettivo dell’artista era quello di ricreare la malinconia di una città metropolitana, di giorno affollata di relazioni sociali e di sera solitaria.
La luce che viene ricreata con le tonalità del verde e del rosso ricrea le sensazioni dell’inquietudine e del silenzio.
2) RENÈ MAGRITTE – L’IMPERO DELLE LUCI

Ovviamente, non poteva mancare Renè Magritte, (1898-1967), il celebre pittore belga che con L’impero delle Luci, tema che ricorre in almeno tre delle sue opere realizzate tra il 1949 e il 1954, è riuscito a dar vita al mistero e alla solitudine.
Elemento che si ripete nelle tre tele è quello del lampione, è’ lui il vero protagonista delle composizioni. Si staglia fiero contro il cielo, illuminando con la sua luce fioca lo sfondo occupato, come in una scenografia teatrale, da una casa.
Il pittore era solito creare nei propri quadri l’ossimoro che lo ha reso famoso, reso possibile dalla contrapposizione tra un cielo sullo sfondo dipinto come se fosse giorno e la strada in primo piano che viene illuminata perché buia, come fosse notte.
Chi lo osserva avverte da subito un’atmosfera primaverile – estiva e il messaggio pare essere che il silenzio non dovrebbe essere interrotto, ma anzi andrebbe preservato.
Dietro quelle finestre ci sono persone, famiglie, che noi non possiamo e non dobbiamo disturbare. In un periodo come quello appena passato, la vita di tutti noi trascorsa dietro alle finestre e le strade deserte parevano un omaggio a questo quadro.
3) EDGAR DEGAS – L’ASSENZIO

Dulcis in fundo Edgar Degas, con l’opera L’Assenzio, conservato nel Museo d’Orsay, esprime la solitudine in mezzo alla folla di un bar.
Ciò che mi ha colpito di quest’opera, ambientata nel terrace del Cafè de la Nouvelle-Athènes in place Pigalle, è la posa immobile della donna con lo sguardo perso nel vuoto, non interagisce con il suo vicino, non prende il bicchiere di Absinthe, sembra quasi non volerlo più! Che abbia sbagliato l’ordine? Il piede batte contro il pavimento, quasi impaziente di tornare alla realtà.
Degas è stato uno dei massimi esponenti dell’impressionismo, andando però contro corrente. Infatti se i pittori impressionisti amavano riprendere gli ambienti all’aria aperta, i paesaggi, invece Degas amava i locali affollati, gli ambienti chiusi.
Queste le mie sensazioni rispetto ad un sentimento che ha un duplice aspetto, è sia solitudine interiore che solitudine fisica, entrambe coinvolgono l’animo umano turbandolo.